L’evoluzione dei rivestimenti di facciata. Nuovi materiali e tecniche tradizionali

Lo sviluppo di un progetto richiede il controllo totale da parte del progettista, che significa ragionare non solo sulla forma, ma anche su spazi, funzioni e contesto. Nel concepire un’opera architettonica, la scelta dei materiali diventa altrettanto significativa. Ogni materiale presenta porosità, superfici e colori unici e dall’utilizzo che se ne fa spesso dipende la buona riuscita del progetto. I materiali sono figli del tempo, riflettono le tendenze della società e il livello raggiunto dalla ricerca. Il fulcro del processo creativo dell’architettura contemporanea compare di frequente anche nelle soluzioni adottate per tamponamenti e rivestimenti di facciata. Proprio la facciata di un edificio è l’elemento che per primo colpisce chi lo osserva, una sorta di biglietto da visita del manufatto edilizio. La creatività formale e spaziale dell’opera architettonica è spesso portata all’estremo; al contempo, l’edilizia continua ad essere influenzata dal passato, riscoprendo materiali e tecniche in auge sin dall’antichità.

 

Le case a blocco o i grandi palazzi a destinazione residenziale del secondo Novecento sono tuttora visibili in varie città, alcuni tra questi edifici si accomunano poiché si usava rivestire i muri con piastrelle di ceramica, smaltata o meno, di forma solitamente squadrata. Oggi questa tendenza sta gradualmente tornando alla ribalta, sia come soluzione per piccole case monofamiliari sia nel caso di edifici più importanti. Svariate aziende ripropongono questo tipo di prodotto, implementando la gamma di colori, disegni e motivi delle piastrelle stesse. Nel progetto dello studio francese Huit et demi per il centro di riabilitazione Technoforme i progettisti hanno adottato delle piastrelle smaltate per il rivestimento di tutti i prospetti esterni. L’edificio si trova a Marsiglia, all’interno del campus universitario di Luminy. La struttura sorge all’interno del parco nazionale delle Calanques, che si estende da La Ciotat a Marsiglia coprendo un’area di oltre 100 km2.

Proprio il carattere del sito ha guidato le fasi di design del progetto. Le dimensioni contenute del lotto e la prossimità ad altri impianti sportivi, oltre a un budget ridotto, hanno portato a una semplificazione dello schema compositivo: essenziale e semplice, reso attraverso l’accostamento di volumi di forma rettangolare per una superficie di circa 500 m2. La stessa semplicità visibile in pianta si ritrova anche negli ambienti interni della struttura, che racchiude spazi come sale pesi, aree fitness e spogliatoi, tutte accomunate dalla massima funzionalità ma spoglie e povere a livello di finiture. I condotti a soffitto degli impianti sono in parte mascherati da pannelli fonoassorbenti agganciati al solaio in cemento. L’edificio è nascosto a est dal dislivello del terreno e si sviluppa su un unico piano, al di sopra di un basamento in calcestruzzo. Il dialogo tra natura e costruito è amplificato dalle ampie vetrate delle sale d’allenamento e dalla scelta del colore verde per tutti i pavimenti. L’equilibrio tra contesto d’inserimento e nuovo volume architettonico sta nelle proporzioni del progetto e nella scelta di sviluppare delle forme che non prevalgono sull’esistente, ma anzi lo assecondano e ne costituiscono un richiamo, specialmente grazie al rivestimento dei muri per i quali sono state utilizzate delle piastrelle identiche nelle dimensioni, 14×14 cm, ma diverse per colore. Il riferimento ai toni del verde della flora locale è evidente nelle nove differenti colorazioni accostate le une alle altre, capaci di creare un’immagine d’insieme variopinta.

Da un uso più massiccio del verde scuro in corrispondenza del basamento, si sale verso la sommità dell’edificio, dove il colore si schiarisce gradualmente creando un puzzle di tessere smaltate in cui non mancano il verde acqua, l’ocra e il verde oliva. L’effetto complessivo riflette le variazioni di luce durante il giorno grazie alla superficie rilucente della piastrella, risultato del processo di vetrificazione. Il ricorso alla ceramica in facciata si deve anche alle caratteristiche meccaniche di questo materiale. La cottura dell’argilla, cui si aggiungono acqua e additivi di origine naturale, conferisce al materiale durevolezza e resistenza a fenomeni atmosferici, variazioni di temperatura, umidità ed esposizione. Nel progetto di Huit et demi, la piastrella diventa protagonista, elemento di protezione e relazione con il contesto; espressione di una progettualità che si ricollega al tentativo di conferire carattere all’edificio a partire dal trattamento delle sue superfici esterne. Sebbene la struttura in sé non emerga per l’alto livello di finiture o per particolari soluzioni architettoniche, la capacità dei progettisti è stata quella di conferire un’immagine forte tramite l’uso di un singolo materiale. Nonostante la varietà tipologica dei sistemi di facciata consenta di ottenere risultati sempre più performanti, la ceramica è ancora spesso impiegata in progetti di natura residenziale. La produzione architettonica è mutata nel tempo e la vecchia progettualità ha fatto spazio a manifestazioni creative su larga e piccola scala in cui l’uso delle piastrelle non è solo espediente estetico ma diventa sistema integrante della facciata.

Luogo: Marsiglia, Francia
Committente: Universitè Aix-Marseille
Superficie: 500 m2
Completamento: 2022
Architetto: Huit et demi
Foto: Florence Vesval, courtesy Huit et demi

 

Mecanoo coniuga l’utilizzo della piastrella come rivestimento con la realizzazione di una facciata ventilata per Villa BW, un’abitazione unifamiliare su più livelli la cui struttura portante è sapientemente celata dietro all’applicazione di quattro diversi formati di piastrelle smaltate (110, 180, 240, 290×52 mm). La residenza è situata a Schoorl, località del comune di Bergen, a nord di Amsterdam. La casa sfrutta le pendenze naturali del terreno, il sito si colloca infatti a cavallo tra un polder e un paesaggio tipicamente dunale. La conformazione del territorio ha consentito agli architetti di sviluppare la zona giorno tra piano terra e seminterrato, la zona notte si trova invece al primo piano.

Il progetto si compone di una commistione tra linee curve e spezzate, visibile soprattutto in corrispondenza del tetto, articolato in due falde, di cui una con andamento curvilineo. La regolarità della planimetria è interrotta dalla presenza di un volume che corre lungo tutta la verticale della residenza e che contiene alcune funzioni di servizio. Accanto a esso si sviluppa la facciata continua rivolta a sudest, da cui proviene il maggior apporto di luce durante il giorno. Negli interni si nota la cura delle finiture e l’uso sapiente dei materiali in tutti gli ambienti, dagli arredi ai pavimenti in terrazzo, dalle doghe in rovere applicate come rivestimento interno della struttura del tetto ai telai lignei che incorniciano gli infissi. Questi elementi contribuiscono a creare un ambiente caldo e privato, che mantiene un rapporto diretto con l’esterno grazie all’uso delle piastrelle, i cui colori riprendono i toni del grigio, del verde e del blu, frutto di una selezione pensata sulla base dei colori dell’intorno e testata con l’ausilio di campioni. Le piastrelle rivestono sia le facciate che la copertura, secondo un orientamento verticale. La struttura è data da un telaio in legno sul quale è stato posizionato uno strato di compensato.

Le piastrelle sono incollate a 5 mm dalla membrana di gomma impermeabile stesa al di sopra del compensato ligneo. Le fughe tra piastrelle non superano i 5 mm e non sono state riempite con malta; la tecnica di posa risponde all’esigenza di avere un sistema di facciata ventilato, l’acqua piovana può infatti scorrere tra le piastrelle e confluire nei canali di gronda, nascosti dal rivestimento stesso. La residenza, così rivestita, sembra accompagnare l’intorno in una perfetta armonia di colori e vibrazioni. Le piastrelle presentano superfici iridescenti e ceramiche smaltate con gradazioni variegate: il quadro colto dall’occhio dell’osservatore è un continuum della linea che dalle dune porta al polder.

Luogo: Schoorl, Paesi Bassi
Committente: Privato
Superficie: 308 m2
Completamento: 2022
Architetto: Mecanoo
Foto: Ossip Architectuurfotografie, courtesy Mecanoo

 

Negli anni la tecnica ha prodotto materiali dalle proprietà diametralmente opposte, alcuni dei quali sono poi scomparsi, superati dal progresso tecnologico o da limiti normativi. Passato e presente dialogano nell’accostamento di materiali diversi, in grado di formare un insieme gradevole e funzionale. Un esempio tangibile è rappresentato dal progetto Bradbury Works, completato da [Y/N] Studio nel quartiere di Dalston, periferia a nord di Londra. Il nuovo volume deriva da un processo di recupero e ampliamento di un edificio in muratura esistente. In questo progetto storia e contemporaneità si fondono, e con esse i materiali impiegati.

Il fronte a sud, in laterizio, comunica con il contesto storico-architettonico cittadino, mentre il prospetto che guarda Gillett Square, in policarbonato, si rivolge in modo perentorio verso la piazza antistante. Il progetto, partito nel 2017, si poneva come obiettivo la valorizzazione di una struttura comunitaria. Il programma di rifunzionalizzazione del palazzo ha previsto il mantenimento delle attività commerciali fronte strada dal lato di Bradbury Street, la ristrutturazione di circa 600 m2 di spazi lavorativi e un’estensione di ulteriori 500 m2 di uffici, oltre alla definizione di dieci piccole attività commerciali al piano terra rivolte verso la piazza. Il design del nuovo edificio è stato studiato dal team di progettazione lavorando a stretto contatto con la comunità locale. L’ampliamento è realizzato con un telaio prefabbricato in acciaio, provvisto di nuova fondazione e collegato alla struttura esistente. Il tetto a doppia falda del nuovo volume ha permesso di creare spazi di lavoro a doppia altezza, oltre a consentire alla piazza di ricevere la luce del sole. Le terrazze coperte a doppia altezza tra primo e secondo piano offrono agli inquilini nuovi spazi di convivialità e relazione, poiché attrezzate con tavoli per il pranzo. Le passerelle di collegamento tra le terrazze richiamano il carattere industriale dell’edificio, sono infatti realizzate in acciaio zincato e consentono alla luce di filtrare da un piano all’altro. Per gli interni sono state fatte scelte orientate alla massima flessibilità degli spazi e basate sull’uso consapevole dei materiali. L’elemento che più si coglie dalla piazza è però il rivestimento della facciata in policarbonato alveolare leggero, capace di riflettere i colori che si alternano su Gillett Square e le tonalità del cielo. La caratteristica superficie traslucida permette di cogliere le linee dell’edificio esistente retrostante, e consente alla luce di filtrare e illuminare gli ambienti di lavoro.

La soluzione tecnico-architettonica proposta per il rivestimento della facciata è notevole: al telaio strutturale in acciaio si aggancia un sistema di carpenteria secondaria costituito da profili zincati e tubazioni per l’acqua piovana, oltre alla maglia metallica su cui sono ancorati i pannelli in policarbonato larghi 500 mm e alti tre piani, incastrati tra loro per evitare il passaggio delle intemperie. L’intero sistema si legge proprio grazie alla trasparenza del policarbonato. La facciata si completa con le cornici in alluminio fresato che definiscono i punti d’affaccio delle terrazze verso la piazza e le balaustre formate da tubolari in acciaio verniciati a polvere, completate da rete metallica. Il policarbonato non solo è l’elemento che con la sua immagine fa da raccordo tra nuovo ed esistente, ma è una scelta dettata anche dalle caratteristiche del materiale, leggero, facile da movimentare in cantiere e resistente al fuoco. Le prestazioni energetiche dell’edificio sono notevoli, frutto di un approccio sostenibile nella gestione degli impianti con l’obiettivo di ridurre consumi e dispersioni. L’uso del policarbonato in facciata è in linea con la strategia adottata, dal momento che si tratta di un materiale completamente riciclabile. L’opera realizzata nobilita un materiale “povero” e si presta a essere uno dei casi applicativi di maggiore successo per diffondere strategie progettuali simili.

Luogo: Londra, Regno Unito
Committente: Hackney Co-operative Developments
Superficie: 1.578 m2
Completamento: 2022
Architetto, segnaletica e interior design: [Y/N] Studio
Team di progetto: Alex Smith, Maegan Icke, Elena Gruber, Roxani Tseranidou, Margherita Zompa, Carolina Borgatti, Ezmira Peraj, Ainhoa Valle
Collaboratore per le fasi iniziali di progetto: Hawkins\Brown
Appaltatore Generale: Vortex Interiors
Project Manager: Helios Project Management
Consulenti
Strutture: Engenuiti
Impianti meccanici ed elettrici: Thornley and Lumb
Geometra: Beacon Project Services
Urbanistica: JMS Planning and Development
Patrimonio: KM Heritage
Illuminazione naturale: Schroeders Begg
Foto: French and Tye, courtesy [Y/N] Studio

 

Lo studio scozzese Loader Monteith, con il progetto “An Office and Two Houses” situato ad Inverness, in Scozia, sfrutta le caratteristiche proprie del sito d’intervento, che si relaziona con i nuovi volumi grazie all’impiego del legno nel rivestimento delle facciate, carbonizzato prima di essere messo in opera così come vorrebbe la tecnica giapponese dello Shou Sugi Ban. Il design del progetto doveva rispondere alla richiesta della committenza, i proprietari di H&I Adventures, attività turistica che promuove il territorio attraverso tour in bicicletta. Scopo del progetto era la costruzione in più fasi di due residenze e di una terza struttura da adibire a ufficio e deposito biciclette e nel 2022 sono stati completati una delle due residenze e l’ufficio. L’edificio per uffici si sviluppa su due livelli, al piano terra vi sono i bagni, una cucina e il deposito bici, mentre il primo piano è occupato da un grande open space adibito a uffici. Il volume architettonico è racchiuso all’interno di una scatola lignea con pianta rettangolare e tetto a doppia falda. La struttura risulta omogenea e lineare esternamente, scandita da elementi lignei di larghezza variabile e altezza pari a un piano, disposti con orientamento verticale.

La continuità della facciata si interrompe per la presenza dell’angolo vetrato rivolto a sud che illumina la cucina e per l’utilizzo di pannelli in Cor-Ten sull’angolo opposto. Ulteriori vetrate al primo piano si aprono verso sud affacciate sui prati circostanti. Il dettaglio intelligente è uno dei punti di forza di Loader Monteith. L’edificio presenta una struttura portante in carpenteria metallica e travi in legno. Sugli elementi portanti, rivestiti da una membrana impermeabile, si articola il rivestimento della facciata ventilata costituita da listelli in legno fissati a dei controlistelli disposti trasversalmente. La tecnica con cui il legno è stato trattato risale a una pratica nata in Giappone centinaia di anni fa ma tutt’ora in voga e consiste nel bruciare le assi di legno; così facendo si crea un sottile strato superficiale sulle tavole, che contribuisce a proteggere il legno dall’irraggiamento, dai parassiti e dalla formazione di muffe, oltre a conferire una tipica colorazione nera. La sottile striscia metallica di colore nero che corre orizzontalmente tra i piani su tutti e quattro i prospetti dell’edificio non è nient’altro che la scossalina per lo scolo delle acque piovane. Lo stesso dettaglio si ritrova nella residenza, ma qui è stato scelto un colore che tende al dorato. Per il tetto spiovente si è utilizzato un rivestimento metallico, i vari dettagli quali grondaie e bordature sono anch’essi di colore nero. La residenza ha lo stesso rivestimento in legno ma presenta una forma più irregolare a partire dall’andamento della copertura. Il legno in facciata garantisce durabilità e protezione dalle intemperie e rappresenta la scelta migliore per fondersi con il paesaggio circostante.

La distribuzione spaziale degli ambienti interni segue l’andamento del terreno, alcuni gradini separano infatti ingresso e cucina dal soggiorno, che si trova a una quota più bassa proteso verso lo specchio d’acqua Beauly Firth. La casa ha tre camere da letto di cui una con bagno annesso. L’edificio è alimentato elettricamente da una batteria che non richiede grossa manutenzione, l’energia utilizzata è prelevata dal sole grazie alla presenza dei pannelli fotovoltaici in copertura. Sicuramente la ricerca porterà alla nascita di materiali ancor più performanti e in grado di ridurre gli effetti negativi sul pianeta. In questo percorso è necessario però rispettare ciò che la storia dei materiali ha tramandato, da cui si può attingere ancora molto per produrre un’architettura di qualità, funzionale, intelligente e dalle alte prestazioni. Metodi e tecniche si trasmettono di generazione in generazione, custodire un simile bagaglio di conoscenze può fare la differenza nella definizione di un buon progetto architettonico.

Luogo: Inverness, Regno Unito
Committente: Catherine Shearer ed Euan Wilson, H&I Adventures
Superficie: 145 m2 (ufficio), 130 m2 (residenza)
Completamento: 2022
Architetto: Loader Monteith
Design team: Matt Loader, Louis Wiszniewski (ufficio), Iain King (residenza)
Appaltatore generale: Aspen
Consulenti per le strutture: Adam Hemmings Structural Solutions
Foto: Henry Woide, courtesy Loader Monteith

Giovanni Segatto