Pratic presenta i risultati della ricerca Healthy Lighting

Dopo il decennio della alimentazione, culminato con l’Expo di Milano, in cui i nuovi dati sperimentali si sono tradotti in pratiche nutrizionali differenti e in stili di vita coerenti a quei dati, probabilmente è arrivato il momento di aprire il decennio della luce, in cui la giusta esposizione alla luce naturale entri nelle pratiche architettoniche, negli stili di vita, e – perché no – in un nuovo protocollo normativo per le unità abitative di nuova generazione”.

È cominciata così la presentazione del progetto Pratic intitolato Healthy Lighting, ricerca neuro-scientifica relativamente agli effetti della luce sugli stili di vita, sul design, sui processi neuro-cognitivi tenutasi lo scorso 13 febbraio presso l’Università Iulm di Milano. Presenti come relatori: il semiologo Stefano Calabrese (Università Iulm di Milano), il narratologo Claudio Dolci (Università di Modena e Reggio Emilia), la psichiatra Silvia Ferrari, l’estetologa Serena Zaniboni. Insieme a loro, Edi Orioli, vicepresidente di Pratic e Fabrizio Ferretti, ingegnere e product manager dell’azienda.

La ricerca Healthy Lighting riunisce i più recenti studi internazionali in materia facendoli confluire su un terreno comune con temi che toccano l’interesse di tutta la società. L’idea nasce da un gruppo di lavoro che ha riunito in modo fruttuoso il mondo dell’azienda privata con quello accademico. Pratic è nata nel 1960 in Friuli e promuove da sempre la vita open-air secondo criteri di design avanzato ed estetica funzionale. A questi capisaldi, si aggiunge oggi la volontà di sviluppare e condividere una conoscenza approfondita e con valenza scientifica sui benefici che si ottengono quando ci si espone alla luce, fondamentale regolatore – insieme al buio – del nostro ritmo circadiano, straordinario meccanismo evolutivo che ogni 24,5 ore sincronizza i ritmi fisiologici e il corpo umano.

L’insieme di queste indagini evidenzia come i fattori tipici dello stile di vita moderno – tra cui l’eccessiva esposizione alla luce artificiale, il lavoro su turni, le nuove tecnologie e il bisogno di rimanere sempre connessi – portino a una progressiva desincronizzazione di questo ritmo, inducendo una riduzione del rilascio di melatonina e un ritardo dell’inizio del sonno; ma anche a una carenza cronica di vitamina D, che si registra nella quasi totalità della popolazione occidentale. Importanti indicazioni vengono fornite anche in merito alla tipologia di luce artificiale da impiegare – sia per quanto riguarda la lunghezza delle onde sia per il colore. Ciò che emerge con chiarezza è la necessità per l’uomo di riappropriarsi di una vita outdoor fatta di luce naturale, ma anche di una corretta fruizione del buio.

L’importanza della luce e del suo effetto regolatore sul ritmo circadiano è stata riconosciuta nel 2017 dal Nobel per la medicina, assegnato a Michael Rosbash, Jeffrey C. Hall e Michael W. Young proprio per i loro studi sul nostro “orologio biologico interno” e, conseguentemente, sugli effetti positivi della vita all’aria aperta per l’essere umano.

Una sintesi della ricerca è disponibile QUI