Le schermature solari, brise-soleil o frangisole, intese come dispositivi per l’ombreggiamento, hanno la funzione di gestire e modulare le radiazioni solari che, altrimenti, potrebbero penetrare in maniera non controllata all’interno degli edifici, generando sovraccarichi termici e fenomeni di abbagliamento. Questi elementi, pur legati da tale comune scopo, possono presentarsi sotto infinite forme e svariati orientamenti, con direzioni ortogonali alla facciata o ad angolo libero, fissi o mobili e realizzati in diversi materiali. Perciò, molti progettisti usano questo strumento, all’apparenza esclusivamente tecnico, come un vero e proprio elemento espressivo e gesto architettonico. Nel panorama dei casi studio si possono incontrare, infatti, elementi pesanti in calcestruzzo gettato in opera, lame in legno disposte secondo un disegno più o meno regolare, o ancora sofisticati sistemi metallici.
Vista la loro flessibilità, spesso si rivelano un prezioso strumento di riqualificazione, da un lato perché permettono di migliorare le prestazioni di un edificio senza ripensare completamente l’involucro, dall’altro perché contribuiscono a modificare la percezione estetica dell’edificio stesso, tessendo nuove relazioni urbane; una strategia che può essere applicata sia su progetti di piccola scala o di uso prevalentemente privato sia su quelli a scala più grande e di uso pubblico.
Nel primo caso, è esemplare il progetto dello studio Mateo Arquitectura, realizzato nel 2013 a Barcellona, dove all’interno dell’edificio da riqualificare sono stati ricavati quattro appartamenti compatti, di circa 50 m2, delle zone comuni e un esercizio commerciale al piano terra. L’edificio si trova in una stretta via del centro cittadino, nel quartiere denso e rumoroso di Sant Gervasi, dove le abitazioni del vicinato si proteggono dall’esterno con mura spesse. Gli architetti hanno voluto lavorare per contrapposizione, seppur con lo stesso fine, utilizzando elementi leggeri, percepiti senza peso.
Il sistema scelto è quindi quello delle schermature solari, che non solo aumentano la privacy degli utenti, ma permettono anche di migliorare le prestazioni energetiche dell’intero complesso. L’intervento è stato pensato a strati: uno interno, di acciaio e vetro, e uno esterno, composto da una serie di listelli in legno che, così composti, formano un brise soleil.
Quest’ultimo strato, premurosamente pensato nelle sue parti fisse e mobili, permette di aprire e chiudere la facciata secondo le necessità, personali o climatiche, dei proprietari. Separato dal primo grazie a 45 cm d’aria, costituisce un sistema dinamico che reinventa lo stile tipico di Maiorca, con quattro differenti tipi di meccanismi. L’intervento, costituendo un filtro tra interno ed esterno, quindi tra pubblico e privato, conferisce anche una nuova identità all’appartamento, che rinnova così la sua immagine urbana. L’edificio si relaziona con il vicinato tramite due facciate, la prima situata verso la strada, la seconda verso la corte; quest’ultima è caratterizzata da larghe aperture metalliche, due lunghi balconi e dei settori opachi, alternati in maniera da fornire la luce necessaria per gli appartamenti e per la zona commerciale al piano terra. Ciascun nucleo è disegnato come un vero e proprio continuum, con le stanze organizzate intorno a un soggiorno che si estende in lunghezza entro le due facciate.
Nel secondo caso, risulta interessante il progetto di Arte Charpentier Architectes, Shift come progetto di grande scala e di destinazione semi-pubblica che si differenzia da molti interventi simili in quanto l’edificio oggetto di riqualificazione è stato realizzato proprio dallo studio stesso negli anni ‘90, al confine tra il 15 arrondissement di Parigi e Issy les Moulineaux, in periferia. I progettisti si trovano quindi, nel 2017, a dover trattare un edificio che ha subito molti cambiamenti nel corso degli anni, così come la città e la destinazione d’uso, trovandosi di fronte alla sfida di dover essere critici nei confronti del lavoro svolto, riconoscendone il suo nuovo potenziale.
Dal punto di vista volumetrico, si realizza un passaggio interno che taglia l’edificio da est a ovest, attraverso il basamento completamente vetrato, dove trovano posto i servizi pubblici e di ristorazione – collegando i due parchi posti alle estremità e rafforzando il legame tra città e periferia. Gli angoli di questo volume sono svuotati grazie alle pareti vetrate arretrate, per conferire leggerezza a tutto l’insieme, altrimenti molto massiccio. Il blocco centrale viene demolito e sostituito da un vasto atrio, dove si installa un complesso sistema di solai, travi e scale in carpenteria metallica, completati da pannelli in calcestruzzo gettati in opera. Il complesso viene poi alleggerito da numerosi patii, che garantiscono una doppia esposizione e una grande quantità di luce naturale agli uffici posti sugli otto piani superiori.
Dal punto di vista tecnologico, invece, è stata rimossa la facciata in calcestruzzo, sostituendola con un guscio ampiamente vetrato, completato da una trama frangisole. La demolizione è stata operata dall’alto verso il basso, grazie a uno strumento sofisticato (Omni Projets) atto a minimizzare i rischi di fragilità dell’esistente. Il sistema di lame verticali, frutto di ricerche, esperimenti e prototipi, ha portato alla scelta di elementi pultrusi, realizzati in resina e fibre di vetro da un’azienda italiana, che rispondono in maniera dinamica al problema tecnico della luminosità, offrendo un filtro e permettendo di scolpire il disegno di facciata. Così trasformato, l’edificio ha ottenuto la doppia certificazione BREEAM (Excellent) e HQE (Exceptionnel), prediligendo come fonti di energia quelle rinnovabili, e configurandosi come luogo di sperimentazione di molteplici pratiche ecologiche, come quella dell’agricoltura urbana sviluppata sulla copertura. Infatti, l’integrazione della vegetazione gioca un ruolo fondamentale, essendo presente su ciascun livello grazie a più di 1800 m2 di terrazze private, logge e balconi, estendendo così gli spazi lavorativi. La vecchia copertura, che un tempo ospitava parte del sistema di climatizzazione, è stata trasformata e vegetalizzata in tutti i suoi 2600 m2, si configura come uno spazio aperto dove poter lavorare, ospitando luoghi di condivisione e un ristorante. Al suo interno, 100 m2 sono dedicati all’agricoltura urbana che, oltre ad alimentare le cucine, è teatro di numerosi incontri pedagogici e laboratori atti alla sensibilizzazione sul tema dell’ecologia.
Risulta evidente quindi come le schermature solari, nelle loro declinazioni, siano un importante strumento di riqualificazione, non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche da quello urbano. Permettono, infatti, di migliorare le prestazioni globali di un edificio agendo sulle carenze di un involucro esistente, sul quale non sempre è possibile agire con una demolizione completa. Inoltre, i frangisole sono in grado di modificare l’identità urbana di un complesso, riscrivendo totalmente o in parte i suoi rapporti con gli edifici vicini e con il paesaggio. Infine, a livello formale, essi possono donare un nuovo carattere alla facciata esistente, riuscendo a plasmarla tramite nuove geometrie e nuovi materiali.
Testo di Irene Di Buono, Architetto