Colonne tettoia, non valgono per il calcolo delle distanze tra edifici

Nel caso di pareti finestrate tra due fabbricati posti di fronte, la distanza di dieci metri va considerata prendendo il riferimento per ogni punto degli edifici rispetto ai quali si denuncia la violazione delle distanze e non rispetto alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, anche se sono o meno parallele tra loro.

Dalla sentenza del TAR Lombardia, 20 gennaio 2020, numero 117 si evince che è legittimo il permesso di costruire per un pergolato che non crea alcun impatto volumetrico. Vediamo un caso pratico.

Gli abitanti di un condominio “A” e di un condominio “B” avevano impugnato il permesso di costruire in sanatoria rilasciato alla tale Società per degli interventi che interessavano sia modifiche interne che la conversione del lastrico solare accessibile in area per somministrazione di cibi e bevande di una tettoia collocata nelle vicinanze dei condominii ricorrenti.

Quindi, secondo i ricorrenti, la struttura aveva le caratteristiche per essere identificata come una vera e propria costruzione ai sensi dell’art. 873 cod. civ.

Infatti, per esempio, il tetto era strutturato in modo da essere considerato adatto come riparo, comportando un aumento di volumetria del fabbricato rilevante ai fini edilizi. Inoltre, i montanti (colonne) della tettoia erano posizionati sul limite esterno del terrazzo, che nella sua larghezza era interamente coperto.

Quindi,  i ricorrenti avevano contestato la violazione della distanza di dieci metri tra le pareti finestrate della tettoia installata sul lastrico solare rispetto al fronte finestrato del condominio “B” in affaccio sul condominio “A”.

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Il Comune deve verificare il rispetto dei limiti privatistici conosciuti

Secondo i giudici amministrativi, in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio, il Comune ha l’obbligo di verificare, che sia rispettato da parte dell’istante dei limiti privatistici, questi devono essere a tutti gli effetti conosciuti o  conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’ente locale si semplifichi in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi, senza andare ad attuare un esame attento dei rapporti civilistici.

Di solito, l’amministrazione, tra le sue mansioni, non deve svolgere indagini particolari nel caso di una richiesta edificatoria, salvo che sia manifestamente riconoscibile l’effettiva insussistenza della piena disponibilità del bene oggetto dell’intervento edificatorio in relazione al tipo di intervento richiesto (Cons. Stato, sez. VI – 5/4/2018 n. 2121).

In questo caso, nessuna contestazione in merito alla legittimità dei lavori ed alla legittimazione attiva della Società contro-interessata era stata sollevata dai ricorrenti prima del ricorso, con la conseguenza che l’amministrazione non era tenuta ad effettuare ulteriori indagini.

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La violazione delle distanze, le colonne della tettoia non sono da considerare

Per quanto riguarda il giudizio sulla tettoia/pergolato come costruzione, i ricorrenti non avevano dato sufficiente prova delle violazione delle distanze.

Difatti, (Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 22.11.2013 n. 5557) la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall’art. 9, D.M. 02.04.1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati rispetto ai quali si denuncia la violazione delle distanze e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, anche se sono o meno parallele tra loro.

Quindi, è necessario considerare come punto di riferimento, secondo quanto sostenuto dall’amministrazione comunale, la linea esterna della parete ideale della tettoia/pergolato (interna al terrazzo) e non il limite esterno del terrazzo stesso, trattandosi di verificare le distanze dalla tettoia/pergolato e non dal terrazzo.

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Anche i montanti (colonne) della tettoia/pergolato non sono da considerare, in quanto essi rientrano nella categoria degli sporti, quindi non computabili ai fini delle distanze, trattandosi di elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria (come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili) (Cass., civ., sez. II, 19.01.2018 n. 1365).

In conclusione, spettava dunque ai ricorrenti fornire elementi di prova univoci riguardo la violazione della distanza di dieci metri, per essere in realtà la doglianza non assistita da dati obiettivi idonei a superare la contestazione delle controparti, proprio sotto il profilo della misurazione puntuale del distacco tra i manufatti in esame. Per queste motivazioni, quindi, il ricorso è stato rigettato.

 

Foto di copertina: iStock/ U. J. Alexander